Quaderni Anarchici

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Articolo tratto da "A" rivista anarchica, anno 46 n. 411-novembre 2016 http://www.arivista.org/?nr=411&pag=13.htm

Tutto cambia

di Andrea Papi


La quarta rivoluzione economico-sociale dopo quelle industriale, elettrica ed elettronica, si caratterizza per la pervasività dell'informatica. Una trasformazione profonda e globalizzata, con anche elementi di profonda criticità e pericolo per la società nel suo insieme e per i diritti dell'individuo.

La prima rivoluzione industriale fu determinata dalla nascita della produzione di massa dovuta alla tecnologia a vapore di James Watt. La seconda alla fine del 1800 con la messa in opera della corrente elettrica e la divisione del lavoro fino alle catene di montaggio. La terza alla fine del 1900 con l'ascesa della tecnologia informatica.
Oggi siamo alle soglie della quarta, “Industria 4.0”, che ha preso avvio soprattutto in Germania e Stati Uniti. Negli Stati Uniti, molto più attenti al consumo, è preponderante l'attenzione verso il rapporto col consumatore finale, in Germania, più concentrata sulla qualità produttiva, prevale la manifattura. Argomento finora esclusivo per addetti ai lavori, comincia ad essere divulgata come senso e contenuti, probabilmente perché i processi di trasformazione hanno preso seriamente avvio e s'inseriranno sempre più velocemente.
Che cosa la distingue dalle precedenti, rendendola talmente diversa da rappresentare un vero e proprio passaggio a una nuova “era industriale”? Molto importanti senz'altro il tipo di tecnologia e la tendenza a un'automazione generalizzata, praticamente di ogni processo produttivo. Ma non bastano. Ciò che ne fa qualcosa di veramente differente è la sistematica e continua connessione digitale e elettronica tra tutti i passaggi della filiera, fino al consumatore. Un qualcosa che tende a cambiare la natura del capitalismo, come ci suggerisce Paolo Bricco sul Sole 24 ore del 10 agosto, perché impostata miscelando materiale e immateriale, virtuale e concreto, per dare origine a prodotti che prendono forma attraverso l'adozione pervasiva della nuova informatica e il collegamento diretto con l'utilizzo dei fruitori finali.
In altre parole, “Industria 4.0” rappresenta per la produzione quello che per i consumatori è “Internet of Things”, in cui qualsiasi articolo, dalle auto ai termostati ai tostapane, è connesso a internet. Modalità di fabbricazione con un potenziale infinito. La comunicazione tra i prodotti intelligenti di “Internet of Things” e le macchine intelligenti che li producono, “Industrial Internet” secondo General Electric, significa che gli oggetti saranno in grado di monitorare il loro stesso uso e determinare quando si spegneranno. Tutto collegato e tutto in permanente comunicazione, immersi in uno scambio continuo di informazioni e richieste personalizzate; capacità autodiagnostica e controllo a distanza della produzione. Una consapevole ibridazione che incrocia tecniche sofisticate di manifattura con una specie di “economia della conoscenza”, cioè un aggiornamento continuo delle nuove possibilità d'intervento tecnologico.
Una struttura totalmente integrata, che contiene il potenziale di cambiare la definizione del lavoro umano. Le massacranti azioni ripetitive, tipiche delle catene di montaggio, saranno in breve completamente sostituite da dispositivi automatizzati, mentre gli operatori/lavoratori, forniti di competenze e specializzazioni tecnologiche adeguate, dovranno e potranno gestire l'azienda non in loco, da remoto via internet, e spendere meno tempo in un luogo di lavoro specifico.

Efficienza costante

Il classico vecchio “lavoro manuale” diverrà roba da robot e automi, mentre il lavoro, quale competenza d'intervento nella produzione, sarà soprattutto complemento e messa a punto delle macchine computerizzate nella loro azione digitalmente programmata. Non più eserciti di operai, ma un numero limitato di addetti altamente specializzati. Due conseguenze: addio vecchia classe operaia e non più macchine complemento dell'uomo. Il rapporto sarà necessariamente rovesciato: il lavoratore/uomo sarà un complemento, seppure per ora indispensabile, dell'azione delle macchine.
A una tale impostazione si affianca direttamente un'altra problematica, derivata dall'IA (Intelligenza Artificiale), cioè l'abilità dei computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana, che sta avanzando a passi da gigante. In altre parole “macchine che pensano da sole”. Anche se può sembrare un ambito irrealistico da confinare nella fantascienza, bisogna cominciare a farci i conti. Da almeno un lustro è una realtà insopprimibile, che acquisterà sempre più spazio. “In meno di 15 anni l'intelligenza artificiale si prepara a trasformare molti aspetti della vita quotidiana. Lo indica il rapporto dell'Università di Stanford che traccia uno scenario per il 2030 basato sulle previsioni fatte dai massimi esperti mondiali del settore [...]. Una prima ondata di tecnologie che sfruttano l'intelligenza artificiale è già entrata da qualche tempo nelle nostre vite, dagli “assistenti” vocali negli smartphone fino ai sistemi che riconoscono i volti sui social network, ma siamo solo agli inizi” – recita un articolo di Scienza&tecnica (ANSA, 13 settembre).
Tendenze inarrestabili. Non passerà molto tempo che anche il management classico verrà sostituito da pianificazioni computerizzate. Programmazioni e estensioni progettuali fatte da uomini contengono una base di rischio propria della fragilità e imprevedibilità umane. Avendo invece a disposizione strutture cibernetiche computerizzate, in grado prima di identificare e selezionare miliardi di dati inerenti il problema che si vuol affrontare, poi di elaborarli fino a riuscire a stilare progetti operativi per la produzione industriale, teoricamente si elimina il rischio e ci si regala la sicurezza di elaborazioni standard, sempre molto funzionali.
Tendenzialmente avremo così un'impostazione industriale fondata sull'efficienza costante: strutture elettromeccaniche massimamente evolute che, attraverso impostazioni e percorsi cibernetici computerizzati, gestiranno praticamente in modo autonomo progettazioni e realizzazioni della fabbricazione dei prodotti, in un contesto dove tutti i diversi processi saranno continuamente interconnessi. Praticamente le “nuove macchine” saranno la vera nuova industria, supportate da interventi umani per la manutenzione e il controllo degli standard di efficienza.
È inevitabile domandarsi cosa potrà comportare tutto ciò. La prima cosa che salta agli occhi è la strabordante prevalenza dell'elemento macchine sull'elemento umano, in una condizione che al momento appare, se non di sudditanza, senz'altro di forte dipendenza. In un futuribile contesto ambientale, dove ogni movimento e ogni scelta saranno fondamentalmente condizionati dai modi di operare e dai codici interpretativi delle “nuove macchine”, forme di dipendenza con conseguenti limitazioni e restringimento di autonomia saranno inevitabili e creeranno standard di conformismi e uniformità. Da questo punto di vista le libertà individuali e collettive non potranno che essere in pericolo. Di conseguenza, temo che si abbasserà molto anche la capacità di ribellarsi in modo adeguato ed efficace.

Il sapere e le abilità artigiane

Dato il livello elevato di sofisticazione tecnologica, è probabilissimo che il distacco tra il potere della e sulla conoscenza e la sua fruizione sarà destinato ad aumentare. La conoscenza sarà sempre meno per tutti mentre ci sarà la tendenza a subire chi la gestisce e controlla. L'accesso alle informazioni e ai vari gradi di apprendimento sarà perciò un problema fondamentale, che determinerà in modo decisivo forme e qualità del potere futuro. Una tendenza che dovrebbe indurre a ripensare contenuti e forme di lotte, ribellioni e sovvertimento dell'esistente. Dovremo senz'altro proporci come cercatori e diffusori sovversivi di conoscenze, oltre a prospettare e agire affinché il sapere e la sua diffusione diventino veramente di tutti, in una condizione di mutualismo sociale, al fine di realizzare condivisione e scambio reciproci.
Un'altra conseguenza che ritengo rilevante sarà la scomparsa della figura dell'operaio classico, con conseguente eclissi dei rapporti di sfruttamento nei termini che conosciamo. La fabbricazione dei prodotti non sarà più opera di operai, cioè del lavoro manuale, ma il risultato delle interconnessioni tra apparati tecno-informatici computerizzati. Il problema centrale non sarà più lo sfruttamento proletario, dal momento che non esisterà più, ma le condizioni di vita cui saremo costretti. La qualità sociale e individuale dell'esistente sarà perciò il momento fondante di ogni rivendicazione e lotta.
In un tale contesto complessivo diverrà fondamentale riproporre e coltivare il sapere e le abilità artigiane, fuori da logiche di mercato, ma dentro la complessità delle relazioni sociali. Non tanto quale rifiuto e alternativa all'esistente tecnologico, fra l'altro inarrestabile, bensì per non trasformarci in totali dipendenti dall'abilità delle macchine e degli apparati tecno-informatici.
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MessaggioInviato: 10/11/2016, 20:55
Ho letto ma non riesco a condividerlo.
Un po' per tutta una serie di nozioni imparate nel corso degli anni che però, in questo momento, non riescono a prendere forma nella mia testa (ma che ho molto ben presente), un po' perché leggendo non riuscivo a togliermi dalla testa i primi minuti di "Terminator".

Tutto già sentito...?
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Jerry ha scritto:Ho letto ma non riesco a condividerlo.
Un po' per tutta una serie di nozioni imparate nel corso degli anni che però, in questo momento, non riescono a prendere forma nella mia testa (ma che ho molto ben presente), un po' perché leggendo non riuscivo a togliermi dalla testa i primi minuti di "Terminator".

Tutto già sentito...?


Prova a entrare un po' più nel merito se hai voglia, cosa non condividi esattamente, a quali nozioni fai riferimento?

S.
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MessaggioInviato: 10/11/2016, 21:07
Mi piace la logica matematica, l'informatica, ho letto testi matematici e la storia di fisici come Gödel e Turing.
Il mio divulgatore scientifico preferito è il professor Odifreddi, quindi un po' di storia dell'evoluzione tecnologica e del suo linguaggio formale e filosofico la conosco.

Quanto ho letto mi ricorda più la fantascienza che la scienza.
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Jerry ha scritto:Mi piace la logica matematica, l'informatica, ho letto testi matematici e la storia di fisici come Gödel e Turing.
Il mio divulgatore scientifico preferito è il professor Odifreddi, quindi un po' di storia dell'evoluzione tecnilogica e del suo linguaggio firmale e filosifico la conosco.

Quanto ho letto mi ricorda più la fantascienza che la scienza.


Aspe'...

S.
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MessaggioInviato: 10/11/2016, 21:32
Struwwelpeter ha scritto:
Jerry ha scritto:Mi piace la logica matematica, l'informatica, ho letto testi matematici e la storia di fisici come Gödel e Turing.
Il mio divulgatore scientifico preferito è il professor Odifreddi, quindi un po' di storia dell'evoluzione tecnilogica e del suo linguaggio firmale e filosifico la conosco.

Quanto ho letto mi ricorda più la fantascienza che la scienza.


Aspe'...

S.


No niente non riesco a trovare online un interessante articolo su come già alcune aziende gestiscano i lavoratori attraverso app per smartphone. Ti copio un abstract comunque, la situazione descritta è quella di un'azienda della cosiddetta Silicon Valley:

"[...] Nei punti vendita sono installati dei sensori che misurano la quantità e la tipologia dei clienti in entrata e uscita. Poi i dati vengono incrociati con le vendite per singolo dipendente per calcolare la cosiddetta "vera produttività" di un commesso: questa misura è chiamata shopper yield [...] L'algoritmo costruisce il profilo di ogni dipendente, riuscendo a stabilire quando il suo rendimento è alto o basso. Inoltre è in grado di capire se certe persone rendono di più lavorando in coppia con alcuni colleghi e meno con altri, e usa le condizioni meteo, il traffico online e altri fattori per prevedere in anticipo l'affluenza dei clienti. Infine organizza gli orari e i turni [...] Alcuni direttori addirittura stampano la classifica [dei migliori dipendenti] e l'affiggono in bacheca. "Questo crea un forte spirito di competizione. Se voglio più ore, devo spingere un po' di più".

Cioè è chiaro qui come il processo di competizione tra marchi per affermarsi sui mercati sia stato ribaltato addosso ai lavoratori, mettendoli fondamentalmente in competizione tra loro alla stregua di un qualunque prodotto commerciale. In far ciò l'apporto delle nuove tecnologie 4.0 (come le chiama chi ha scritto l'articolo) ha svolto e svolgerà sempre più un ruolo chiave, come possiamo prevedere tutti abbastanza chiaramente.

S.
Ultima modifica di Struwwelpeter il 10/11/2016, 21:33, modificato 1 volta in totale.
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Già chi si definisce anarchico non può esserlo o meglio cade il presupposto per esserlo.
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bradixferox ha scritto:Già chi si definisce anarchico non può esserlo o meglio cade il presupposto per esserlo.


Non capisco il senso della frase che scrivi, se non riesco a dare una definizione di quello che penso come posso trovare soluzioni alle lotte che vorrei combattere?

S.
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Personalmente riterrei già un grande risultato se almeno avessi un cazzo di ideale e qualcosa per cui combattere che vada oltre la mera sopravvivenza. Invidio molto chi ha delle certezze, fosse anche solo la fede.
Quando parti, non portare con te un idiota. Ne troverai sicuramente uno sul posto.
"Calboni sparava balle così mostruose che a quota 1600 Fantozzi fu colto da allucinazioni competitive."
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MessaggioInviato: 11/11/2016, 7:58
Struwwelpeter ha scritto:
bradixferox ha scritto:Già chi si definisce anarchico non può esserlo o meglio cade il presupposto per esserlo.


Non capisco il senso della frase che scrivi, se non riesco a dare una definizione di quello che penso come posso trovare soluzioni alle lotte che vorrei combattere?

S.

L'anarchismo aborra ogni simbolo gerarchico. Se dico: "sono anarchico" smetto di esserlo ancor prima di pronunciare la frase ma nel preciso istante in cui penso di esserlo. Dire "sono anarchico" significa accettare una filosofia con delle regole e degli ideatori per cui accettare una gerarchia e quindi non essere anarchici.
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bradixferox ha scritto:
Struwwelpeter ha scritto:
bradixferox ha scritto:Già chi si definisce anarchico non può esserlo o meglio cade il presupposto per esserlo.


Non capisco il senso della frase che scrivi, se non riesco a dare una definizione di quello che penso come posso trovare soluzioni alle lotte che vorrei combattere?

S.

L'anarchismo aborra ogni simbolo gerarchico. Se dico: "sono anarchico" smetto di esserlo ancor prima di pronunciare la frase ma nel preciso istante in cui penso di esserlo. Dire "sono anarchico" significa accettare una filosofia con delle regole e degli ideatori per cui accettare una gerarchia e quindi non essere anarchici.


Sicuramente noi anarchici abbiamo la capacità di essere in disaccordo su tutto, anche su cosa sia l'anarchia. Io poi mi considero un AnarcoSkin quindi c'è di mezzo pure quel fattore, ma orgoglioso di dire in mezzo a una cenetta di fichette hipster pseudo-sinistroidi magari iscritti a SEL: "bla bla bla sapete solo fare chiacchiere, io sono anarchico e me ne sbatto del vostro conformismo!" e puntualmente vengo relegato in fondo al tavolo, e quella vedi è la situazione che più mi aggrada, constatare quanto conformismo ci sia dietro a quelle facce di merda.

E l'altra sera quando c'era la tipa dei miei sogni gliel'ho pure detto in faccia, "vaffanculo" gli ho detto "perché state sempre a menarvela con le vostre cacate, i vostri orti sinergici, la vostra permacoltura e te" (indico uno) "non paghi manco l'affitto perché la casa l'hai ereditata da papà, te (indico una) dopo la laurea dieci anni fa non hai lavorato manco un giorno e sono tre anni che fai avanti e indietro a fare corsi olistici, naturopatia, fiori di Bach e per cosa?".

"Siete anacronistici ma peggio ancora siete autoreferenziali come i cerchi di amici in Facebook che con l'algoritmo esclude ogni altra persona al di fuori della cerchia dei tuoi piccoli fottutissimi interessi."

La tipa invece mi dava corda e infatti mi piaceva per questo. Infatti siamo entrambi finiti relegati ai margini del tavolo con la bottiglia di vodka calda, il suo tabacco e la mia ganja.

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l'anarchia dopo lo sterminio stalinista...l'educazione al socialismo a mano armata!
devo scrivere un libro...
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Il punto è che la tecnologia, intesa come strumento per migliorare la condizione umana esattamente come la clava, le pietre focaie, la ruota, le frecce, la polvere da sparo... assume una valenza prettamente economica nelle mani di investitori.

Lo sviluppo elettronico coincide al giogo che si metteva ai buoi e noi siamo i cornuti e castrati.

Quindi tutta la pappardella che il giornalista ha esposto, altro non è la visione socio-economica che subiremo come acquirenti.

Per quanto riguarda l'ormai inflazionato "ANATEMA!!! LE MACCHINE SOSTITUIRANNO L'OPERAIO!!!"... sto cazzo.
Gli operai sono stati soppressi dal mercato immobiliare americano, altro che robot.

Senti qui.
Pur non essendo mai stato un genio nei temi, all'esame di maturità scientifica son stato uno dei 6 su 31 a prendere la sufficienza, perchè l'argomento della prova scritta verteva sull'interazione della neonata Realtà Virtuale e i suoi possibili sviluppi.
Ora ho 43 anni, ne sono passati più o meno 25 eppure un paio di mesi fa una mia cliente, docente universitaria di Logica Matematica mi ha chiesto cosa ne penso della Realtà Virtuale.
Esattamente ciò che ne pensai allora e ciò che ne penserò tra 25 anni, ovvero che era, è e resterà uno strumento come tanti che ci permetterà all'inizio di svolgere più semplicemente certi compiti, ma che con la sua implementazione renderà il lavoro sempre più complesso per via delle possibilità offerte e che necessiterà di nuove tecnologie per evolvere fino a che non sarà soppiantata.

Tu hai lavorato in quell'ambiente, sai di cosa stiamo parlando.

E nel frattempo gli operai dovranno imparare ad usare nuovi strumenti fino alla successiva crisi immobiliare.


Chi ha nominato Darwin?
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MessaggioInviato: 11/11/2016, 12:07
A proposito.

Lo sviluppo coincide con l'esigenza di nuove necessità.

Le necessità sono partorite da stimoli che ne creano.

Gli stimoli derivano dalla fantasia.

Io sono convinto che il test di Turing verrà superato solo quando le macchine avranno fantasia e quindi acquisiranno le consapevolezza di se stesse e quindi la necessità di evolvere.

Ma una macchina, creata per uno scopo, nel momento in cui lo svolge che necessità ha di migliorarsi?
Ecco che entra in scena l'intelligenza artificiale, strumento di vanto per l'intelligenza biologica che mette alla prova se stessa nella rincorsa alla creazione.
A quel punto si dovrà inserirla in un meccanismo che possa renderla autonoma.
Otterremo, quindi,non un'entità biologica con delle esigenze da dover superare utilizzando l'evoluzione e tutti gli strumenti che la supportano, ma un essere fatto e finito privo di necessità.
Di che fantasia avrà mai bisogno?
Quella che noi gli avremo creato?
Con quali limiti imposti dalla nostra capacità di creare una cosa così complessa?

"Vote Trump for President."
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Jerry ha scritto:Il punto è che la tecnologia, intesa come strumento per migliorare la condizione umana esattamente come la clava, le pietre focaie, la ruota, le frecce, la polvere da sparo... assume una valenza prettamente economica nelle mani di investitori.

Lo sviluppo elettronico coincide al giogo che si metteva ai buoi e noi siamo i cornuti e castrati.

Quindi tutta la pappardella che il giornalista ha esposto, altro non è la visione socio-economica che subiremo come acquirenti.

Per quanto riguarda l'ormai inflazionato "ANATEMA!!! LE MACCHINE SOSTITUIRANNO L'OPERAIO!!!"... sto cazzo.
Gli operai sono stati soppressi dal mercato immobiliare americano, altro che robot.

Senti qui.
Pur non essendo mai stato un genio nei temi, all'esame di maturità scientifica son stato uno dei 6 su 31 a prendere la sufficienza, perchè l'argomento della prova scritta verteva sull'interazione della neonata Realtà Virtuale e i suoi possibili sviluppi.
Ora ho 43 anni, ne sono passati più o meno 25 eppure un paio di mesi fa una mia cliente, docente universitaria di Logica Matematica mi ha chiesto cosa ne penso della Realtà Virtuale.
Esattamente ciò che ne pensai allora e ciò che ne penserò tra 25 anni, ovvero che era, è e resterà uno strumento come tanti che ci permetterà all'inizio di svolgere più semplicemente certi compiti, ma che con la sua implementazione renderà il lavoro sempre più complesso per via delle possibilità offerte e che necessiterà di nuove tecnologie per evolvere fino a che non sarà soppiantata.

Tu hai lavorato in quell'ambiente, sai di cosa stiamo parlando.

E nel frattempo gli operai dovranno imparare ad usare nuovi strumenti fino alla successiva crisi immobiliare.


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Ok ok ma la crisi immobiliare è nata da speculazioni finanziare che a loro volta sono nate da calcoli matematici così complessi e pieni di variabili che nessuno è più in grado di prevederne le conseguenze. Si pensava che deregolamentare il settore finanziario avrebbe comportato una specie di "autogestione" da parte degli attori coinvolti, cosa che ovviamente non è avvenuta.
La crisi dei mutui, in realtà, credo che in USA abbia colpito molto più duramente la middle-class che gli operai, cioè quelle stesse masse di scontenti che ha rappresentato la base per il recente successo di Trump.

Però nell'articolo si sottolineava il fatto che il nuovo proletariato del futuro sarà soprattutto cognitivo. Si scriveva su questo sito (http://www.eschaton.it/blog/?tag=proletariato-cognitivo) che:

"Poiché tutti fanno i proverbiali sacrifici per rendersi appetibili sul mercato del lavoro, sono necessari sacrifici sempre più ingenti: si ritarda l’entrata nella vita attiva, si pagano costose formazioni, si lavora gratis o quasi. In un saggio recente sul mondo del lavoro, per definire questo meccanismo si parlava ancora di «efficienza dell’incertezza» diretta a «regolare le fasi iniziali delle carriere professionali dei knowledge workers destinate a sfociare in lavoro dipendente a tempo indeterminato»: beato ottimismo. In verità l’esito sub-ottimale di questa competizione fratricida è il Declassamento Mutuo Assicurato, versione 2.0 della più celebre Mutual Assured Destruction (MAD) che minacciava il mondo durante la guerra fredda. Una corsa all’armamento formativo che non scatenerà nessuna apocalisse atomica, ma che prosciuga i patrimoni e abbassa il costo del lavoro."

e ancora:

"Nel film Il boom di De Sica (1963) ritroviamo Alberto Sordi che mette in vendita un occhio, letteralmente, per salvare il proprio stile di vita. Ancora più assurdo, un giovane dottorando si sarebbe tolto la vita qualche anno fa perché costretto a mantenersi facendo il bagnino invece che il filosofo. Come raccontava Thomas Malthus nel Saggio sui principi della popolazione: «I contadini del Sud dell’Inghilterra sono così abituati al loro raffinato pane di frumento che si lascerebbero quasi morire di fame piuttosto di vivere come i braccianti scozzesi». [...] Sono considerazioni familiari per la nostra classe media, la quale effettivamente si lascerebbe quasi morire di fame — e all’occasione si ammazza sul serio — piuttosto di finire a vivere come i braccianti negri. Le nostre strategie demografiche non sono allineate alle condizioni di sussistenza (ovvero i bisogni primari) ma alle condizioni di permanenza entro la classe d’origine (ovvero i bisogni secondari). Ed è perciò che, malthusianamente, ci estinguiamo. Non senza aver prima tentato di trascinare tutta la società nel nostro tracollo."

S.
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Proletariato cognitivo?

Ma in un mondo in cui le informazioni aumenteranno esponenzialmente avremo sempre più strumenti per conoscerle al posto nostro, e quindi sapremo sempre meno.
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Jerry ha scritto:A proposito.

Lo sviluppo coincide con l'esigenza di nuove necessità.

Le necessità sono partorite da stimoli che ne creano.

Gli stimoli derivano dalla fantasia.

Io sono convinto che il test di Turing verrà superato solo quando le macchine avranno fantasia e quindi acquisiranno le consapevolezza di se stesse e quindi la necessità di evolvere.

Ma una macchina, creata per uno scopo, nel momento in cui lo svolge che necessità ha di migliorarsi?
Ecco che entra in scena l'intelligenza artificiale, strumento di vanto per l'intelligenza biologica che mette alla prova se stessa nella rincorsa alla creazione.
A quel punto si dovrà inserirla in un meccanismo che possa renderla autonoma.
Otterremo, quindi,non un'entità biologica con delle esigenze da dover superare utilizzando l'evoluzione e tutti gli strumenti che la supportano, ma un essere fatto e finito privo di necessità.
Di che fantasia avrà mai bisogno?
Quella che noi gli avremo creato?
Con quali limiti imposti dalla nostra capacità di creare una cosa così complessa?

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Eh minchia questi son temi, come dire... tosti. http://www.prismomag.com/ai-superhumans/

S.
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Ma io me ne frego perchè la ruota della storia girerà come sempre e si apriranno nuove strade per chi saprà adattarsi soppiantando l'obsoleto e la tecnologia o quant'altro l'avrà affiancata tornerà ad essere stumento come la clava, la pietra focaia, le frecce, la polvere da sparo... con buona pace degli analisti che avranno nuove clave per sondare i mercati.
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P.s.

Ho appena cominciato a leggere ma in realtà il Test di Turing NON è ancora stato superato.
Circola questa voce ma l'evento è stato un po'... enfatizzato.

A detta della prof di Logica.
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Jerry ha scritto:Proletariato cognitivo?

Ma in un mondo in cui le informazioni aumenteranno esponenzialmente avremo sempre più strumenti per conoscerle al posto nostro, e quindi sapremo sempre meno.


Quindi delegheremo le nostre scelte a qualcos'altro. Chi se la sentirebbe infatti di prendere una qualsiasi scelta in un mondo così complesso e interconnesso? Solo una macchina come non ne esisteranno ancora per qualche decennio potrebbe valutare tutte le possibili variabili.

Cioè il decision making sarà sempre più delegato a un prodotto tecnologico dell'uomo, più che alla sua personale coscienza di essere vivente su un pianeta condiviso con altri esseri viventi. Ma le nostre scelte sono legate a fattori complessi e immateriali quali concetti come "etica", "giustizia", "compassione"... difficile pensare di infondere questi in un sistema binario.

E questa non so se sia una prospettiva positiva o inquietante, a dire la verità.

S.
Smooth seas don't make skillful sailors
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