Nel bel mezzo di cammin di nostra vita...

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...sono giunto ad una conclusione : o Dio è la peggior invenzione dell'uomo, o l'uomo è la peggior creazione di Dio.
meglio un 90 oggi che un 110 domani

acc...dannaz...malediz...

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Definitiva.
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MessaggioInviato: 17/08/2017, 6:45
waits ha scritto:...sono giunto ad una conclusione : o Dio è la peggior invenzione dell'uomo, o l'uomo è la peggior creazione di Dio.


L'ordine delle cose (l'Universo con le sue leggi) crea in seno a se stesso qualcosa che distrugge l'ordine delle cose.

Detta assieme ai Primitivisti, (https://en.wikipedia.org/wiki/Anarcho-primitivism), come conseguenza estrema e quasi esistenziale direi del loro ragionamento, "come fa la Natura a creare essa stessa qualcosa che - a un certo punto - la distrugge? La Madre porta cioè in grembo l'origine, la causa della sua stessa fine". E' una enorme contraddizione.

Allora io penso questo, cioè che la capacità dell'encefalo umano di produrre "pensiero stratificato", successione di pensieri concatenati, sia la causa principale dei suoi mali. Gli esseri più felici in natura sono gli insetti, che hanno appunto zero pensiero razionale. Più sali nella scala evolutiva e osservi animali sempre più grandi con encefali sempre più grandi, più si delinea quella certa cosa che noi umani chiamiamo "infelicità".

Buongiorno a tutti comunque e buone ferie. :obscene-buttred:

PS
Ricordo una puntata di Quark con lo scomparso etologo Mainardi che spiegava come un indice della grande intelligenza dei pachidermi sia il fatto che "soffrono" quando un membro del loro clan muore. Si osservano madri e tutti gli altri individui di un branco fare "la veglia" al cadavere di un piccolo morto prematuramente per una qualche causa.

Allora dobbiamo dire: l'indice di intelligenza di un qualunque essere è ugualmente proporzionale al grado di sofferenza che riesce a esperire.

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Trovo la tua visione un po' leopardiana.
Penso che esista qualcuno tanto intelligente da essere anche sereno, e quindi che abbia la capacità di accettare le cose brutte del mondo, tanto da ridurre la sofferenza al minimo.
Solo che se sei felice tendenzialmente te la godi e non te ne lamenti. Per questo ci sono più opere tristi che non opere allegre forse, come il buon Guccini (che io trovo molto intelligente) insegna, se son d'umore nero allora scrivo... cit, allego interessante versione live.


https://youtu.be/N9cfx-ATVOU
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Io quando sono felice e me la godo comincio a chiedermi se mi posso accontentare così o posso avere di meglio...non si finisce mai
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Be' il concetto di "dolore come forza motrice dell'Universo" è presente un po' dappertutto e lo stesso Leopardi lo mutua dalle sue letture "matte e disperatissime", primo fra tutti Schopenhauer che anzi, ne "Il mondo come volontà e rappresentazione", fa proprio il nome del filosofo-poeta di Recanati come di qualcuno che, diciamo così, ha capito tutto della vita. Tra l'altro lo stesso filosofo tedesco scrive un trattatello sull'essenza della felicità (raccolto nel volume "Parerga e paralipomena" ma edito come opera a se stante in Italia presso Adelphi), che lui definisce come "l'assenza di dolore", difatti il succo del discorso è (parole mie):

La felicità in quanto tale non esiste, esiste però l'assenza di dolore che gli uomini identificano con la felicità.

Discorsi che il buon Arthur ha a sua volta appreso dalle sue letture orientali, affascinato com'è dalla dottrina Vedanta e soprattutto da quella buddhista che Schop considera più che una religione, una vera e propria costruzione filosofica al pari della Ragione nel pensiero di Kant o, volendo pescare nell'epoca classica, al pari di tutto quello che ruota attorno al concetto di "Idee" in Platone.

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MessaggioInviato: 20/08/2017, 21:09
La creativitá per prima attinge dal dolore. A me ricorda molto l'elettricitá o la pendenza di un torrente: piú é alto lo stato di squilibrio emotivo (o il voltaggio o la pendenza del torrente), piú grande sará la spinta creativa. E il dolore, come il male, ha in se molto piú appeal della felicitá o del bene. C'é qualcosa di perverso profondamente radicato nell'essere umano. Tutti noi in qualche punto della nostra vita ci siamo stracciati il cuore per amore, ne abbiamo sofferto profondamente. Ma quasi nessuno credo possa dire di aver mai avuto il contrario, ossia una situazione di estrema felicitá a livello amoroso tale da creare una spinta emotiva paragonabile a quella di una sofferenza amorosa. É un po il principio dell'erba del vicino, é sempre meglio quello che non abbiamo. Chi vive in cittá sogna la vita bucolica del contadino, il quale probabilmente avrebbe voluto essere uno impiegato milanese...

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MessaggioInviato: 21/08/2017, 1:15
Quella del contadino che andrebbe in città è uno stereotipo durato giusto gli anni del film di fantozzi.
Giusto per puntualizzare.
Ultima modifica di andrearally il 19/08/2013, 08:14, modificato 8:14 volte in totale.
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MessaggioInviato: 21/08/2017, 6:24
andrearally ha scritto:Quella del contadino che andrebbe in città è uno stereotipo durato giusto gli anni del film di fantozzi.
Giusto per puntualizzare.

Era solo un esempio, e riferito espressamente al ragazzo di campagna di Pozzetto. Poi se vogliamo puntualizzare, non so in Liguria ma da noi le campagne sono piene di cascine vuote, terreni incolti e boschi abbandonati, le metropolitane a Milano sono piene di gente tutte le mattine. Da noi le aziende agricole, salvo pochi casi che hanno resistito (e ora ne godono i frutti), sono durate fino ai nostri nonni. Da li in poi nessuno ha voluto continuare l'attivitá. E anche nel centro-sud ci sono estensioni immense di zone rurali abbandonate, tanto da convincere il governo a fare politiche di incentivo a chi volesse intraprendere nuove attivitá agricole, dopo aver abbandonato a se stessa l'agricoltura per decenni a favore dell'industrializzazione.
Ad ogni modo il discorso voleva solo esemplificare la costante insoddisfazione che generalmente ci accompagna.

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MessaggioInviato: 21/08/2017, 12:08
andrearally ha scritto:Quella del contadino che andrebbe in città è uno stereotipo durato giusto gli anni del film di fantozzi.
Giusto per puntualizzare.
In realtà rally al posto dei playboy sotto il comodino tiene una galleria di foto piena di impiegati stereotipo anni 70 con occhialoni alla woody Allen

Comunque come spinta poetica tutto il discorso sulla sofferenza è più che accettabile, e il concetto tantrico di felicità come assenza di sofferenza più tutte le sue evoluzioni occidentali e non mi hanno sempre affascinato.
Ma in qualche modo sono convinto che Leopardi sia superabile, non a livello poetico forse ma almeno filosofico, un po' perché mi è sempre stato sul cazzo e ho sempre preferito Foscolo (escluse le ultime lettere di Jacopo Ortis perché fan cadere i coglioni a piccoli pezzettini) un po' perché uno sviluppo del nostro essere c'è sempre stato, ed una condizione migliore è l'unico input vero che abbiamo.

Non voglio mutuare un ottimismo cosmico, assolutamente, solo non limitare la felicità ad una condizione in cui siano assenti cause di infelicità, anche perché è decisamente impossibile che si verifichi
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MessaggioInviato: 21/08/2017, 13:27
andrearally ha scritto:Quella del contadino che andrebbe in città è uno stereotipo durato giusto gli anni del film di fantozzi.
Giusto per puntualizzare.


Stereotipo fino a un certo punto, la valigia di cartone e la Freccia del Sud, il Palermo-Milano (https://it.wikipedia.org/wiki/Freccia_del_Sud), sono ricordi ben radicati nell'immaginario collettivo del Meridione, così come lo sono le miniere di Carbone in Belgio o i bar e ristoranti britannici e francesi o i cantieri e le fabbriche tedesche. Il sogno di ricchezza e progresso di una popolazione, ma direi quasi un popolo per la gran parte analfabeta, bistrattato e ignorato dallo Stato piemontese post-unitario prima, fascista durante e repubblicano poi.

Però il sogno serviva a tenere in moto le macchine nelle industrie del Nord e dunque era funzionale al Capitale, dunque bisognava tenerlo vivo e rinfocolarlo, però poi quando andavi a vedere bene scoprivi la segregazione e la miseria di gente straniera in patria, come si dice.

Allora il Potere, vedendo che Dio era morto o che comunque non se la passava tanto bene (difficile credere ancora nella Divinità dopo Hiroshima e i lager nazisti, n'est pas?), si inventa questa cosa della vita di città con tutti i comfort e servizi, e così centinaia di migliaia di conterranei si sradicano da una realtà di miseria per entrare nella miseria della realtà urbana delle metropoli del Nord.

Anni fa la documentarista Cecilia Mangini fece una capatina al Festival del Cinema del Reale, nei suoi documentari lei spiega bene la diffidenza e il disprezzo degli italiani del Nord verso i Meridionali:



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Mi garba un sacco aprire il computer, trovare queste discussioni e leggervi.
: Thumbup : : book : : book :
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Per stereotipo intendevo quello che ha detto stummen scusate ho usato un termine poco preciso ed equivocabile.
Ultima modifica di andrearally il 19/08/2013, 08:14, modificato 8:14 volte in totale.
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MessaggioInviato: 21/08/2017, 15:06
Guybrush Treepwood ha scritto:
andrearally ha scritto:Quella del contadino che andrebbe in città è uno stereotipo durato giusto gli anni del film di fantozzi.
Giusto per puntualizzare.

Era solo un esempio, e riferito espressamente al ragazzo di campagna di Pozzetto. Poi se vogliamo puntualizzare, non so in Liguria ma da noi le campagne sono piene di cascine vuote, terreni incolti e boschi abbandonati, le metropolitane a Milano sono piene di gente tutte le mattine. Da noi le aziende agricole, salvo pochi casi che hanno resistito (e ora ne godono i frutti), sono durate fino ai nostri nonni. Da li in poi nessuno ha voluto continuare l'attivitá. E anche nel centro-sud ci sono estensioni immense di zone rurali abbandonate, tanto da convincere il governo a fare politiche di incentivo a chi volesse intraprendere nuove attivitá agricole, dopo aver abbandonato a se stessa l'agricoltura per decenni a favore dell'industrializzazione.
Ad ogni modo il discorso voleva solo esemplificare la costante insoddisfazione che generalmente ci accompagna.

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Qui è più o meno uguale, e sono d'accordo con te su questo.
Mi riferivo sommariamente al fatto che chi viva in campagna sogna la citta.
Quella è una cagata,
E non parlo per me
Ultima modifica di andrearally il 19/08/2013, 08:14, modificato 8:14 volte in totale.
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MessaggioInviato: 21/08/2017, 15:15
pakkio ha scritto:
andrearally ha scritto:Quella del contadino che andrebbe in città è uno stereotipo durato giusto gli anni del film di fantozzi.
Giusto per puntualizzare.
In realtà rally al posto dei playboy sotto il comodino tiene una galleria di foto piena di impiegati stereotipo anni 70 con occhialoni alla woody Allen

Comunque come spinta poetica tutto il discorso sulla sofferenza è più che accettabile, e il concetto tantrico di felicità come assenza di sofferenza più tutte le sue evoluzioni occidentali e non mi hanno sempre affascinato.
Ma in qualche modo sono convinto che Leopardi sia superabile, non a livello poetico forse ma almeno filosofico, un po' perché mi è sempre stato sul cazzo e ho sempre preferito Foscolo (escluse le ultime lettere di Jacopo Ortis perché fan cadere i coglioni a piccoli pezzettini) un po' perché uno sviluppo del nostro essere c'è sempre stato, ed una condizione migliore è l'unico input vero che abbiamo.

Non voglio mutuare un ottimismo cosmico, assolutamente, solo non limitare la felicità ad una condizione in cui siano assenti cause di infelicità, anche perché è decisamente impossibile che si verifichi

Pensa che playboy non l'ho mai nemmeno aperto.
Bello l'esempio però ^^

La condizione migliore di cui parli tu secondo me è infatti tesa al cambiamento e interpretiamo il cambiamento come tendenza alla conduzione migliore della nostra persona .. MA:
Ecco, il 99 percento delle persone intendono il cambiamento come passaggio dal bianco al nero perché fanno fatica a mettere in dubbio tutta la loro pregressa esistenza monocromatica e se quel nero era un blu notte pieno di stelle e loro sono caduti in modalità Gray Scale non se ne sono realmente accorti fino in fondo. Quando si trovano ad installare il profilo RGB gli fa talmente paura che istintivamente tolgono la saturazione dei colori.

Il tema del pessimismo cosmico in questo periodo della mia vita lo farei saltare in aria come la merda fresca di una mucca piena di raudi guarda.
C'è sicuramente di meglio.
Ultima modifica di andrearally il 19/08/2013, 08:14, modificato 8:14 volte in totale.
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MessaggioInviato: 21/08/2017, 16:19
Vivere in campagna é un conto, vivere di agricoltura é un altro

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Il richiamo della città, sia per questioni economiche che di "confort" c'è stato eccome dagli anni '50 in poi. Più tardi c'è stata la tendenza a tornare indietro, ma più che altro come luogo di residenza
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MessaggioInviato: 21/08/2017, 19:02
sembra un paradosso,ma nei paesini minuscoli di montagna i pochi abitanti vorrebbero il segnale telefonico,mentre i turisti(per qualche giorno) ,sono contenti che non ci sia.
chi sapeva coltivare la terra e fare il formaggio (formaggio),o è diventato troppo vecchio o è morto di vino,non veniva riconosciuta per niente la loro abilità.
adesso sono arrivati i geni del businness biopuroassolutoprovenientedavega e vendono e vivono,anche se non sanno un cazzo ed il formaggio fa cagare
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Guybrush Treepwood ha scritto:Vivere in campagna é un conto, vivere di agricoltura é un altro

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Assolutamente si concordo
Ultima modifica di andrearally il 19/08/2013, 08:14, modificato 8:14 volte in totale.
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waits ha scritto:sembra un paradosso,ma nei paesini minuscoli di montagna i pochi abitanti vorrebbero il segnale telefonico,mentre i turisti(per qualche giorno) ,sono contenti che non ci sia.
chi sapeva coltivare la terra e fare il formaggio (formaggio),o è diventato troppo vecchio o è morto di vino,non veniva riconosciuta per niente la loro abilità.
adesso sono arrivati i geni del businness biopuroassolutoprovenientedavega e vendono e vivono,anche se non sanno un cazzo ed il formaggio fa cagare


Mi ricorda la storia del film "Il vento fa il suo giro", chi l'ha visto?





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