In partenza per la Siria

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DeadLander
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Grazie, Simona. Non sappiamo né come né quando, ma si farà.

Con molta stima,
Gen

DeadLander
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La mia Siria 11 agosto – 2 settembre 2010

Allo sbarco a Tartus, il 15 agosto, h 9.00 “o’ clock”, ci accoglie un caldo appiccicoso che fa mancare il respiro. Lo avvertono bene anche i militari siriani che vegliano con il loro AK47 sulle due motosiluranti, il cacciamine e il cacciatorpediniere che sono ormeggiati a pochi metri della Visemar-one, l’ottimo ferry, nuovo di pacca, che ha solcato il Mediterraneo da Nord a Sud e ci portati sin qua puntuali.
I marinai e il personale di guardia alle navi di Assad junior si presenta alquanto “easy” per non dire trasandato: divise vecchie e sbottonate, barbe lunghe, sigarette a “go-go”.
È vietatissimo fotografare – ci ha detto l’altoparlante – ma io acquatto, tiro fuori il mio binocolo e mi gusto un paio di ritratti di Bashar Assad in mimetica sulle artiglierie delle navi da guerra; scorgo il nero opaco delle mitragliatrici a nastro sulle fiancate dei mezzi; mi soffermo sui tricolori siriani frustrati dalla totale assenza di vento.
A bordo sono salito il 12 agosto, dopo una notte sul Brenta in campeggio, a 5 km dall’imbarco.

Sono il n° 14 a Porto Marghera; procedura abbastanza veloce; c’è poca gente, pochissime macchine; parcheggio arcicomodo sul terrazzo della nave.

In cabina (molto accogliente e con tanto di oblò) deposito una decina di bottiglie d’acqua e viveri sufficienti a ricorrere il meno possibile al self-service della nave: in tutto sono una ventina di kg raccolti in uno zaino.

Il mio equipaggio, come qualcuno di voi già sa, è piuttosto particolare. C’è mia moglie Silvia, che ha viaggiato con me in moto e in Land sia in Medio Oriente che in Nord Africa, e mia figlia Viola, 3 anni, che, l’anno scorso, ha dormito nella Overland in Provenza e Camargue.

Detto questo non è tutto. A Damasco caricherò altre tre persone che giungeranno direttamente in aereo per ragioni di lavoro: Renato, Lina e Oriana (3 anni), l’amichetta per la pelle di mia figlia.
Le due bambine, i due amici, che hanno viaggiato nulla (tanto meno in Medio Oriente, in modo libero, stipati in un Defender) e la moglie un po’ “preoccupina”, mi hanno obbligato a organizzami in modo particolarmente curato. Se la famiglia aggiunta ho ritenuto che sarebbe stata di tonico supporto per Silvia oltre che il miglior regalo possibile per mia figlia, la cosa avrebbe avuto però il suo risvolto della medaglia. Lo spazio, per quanto di un 110, sarebbe stato ridotto al minimo. Obbligatorio sarebbe stato fare alcune rinunce nel road book; studiare attentamente i percorsi e le soluzioni per la notte in tenda e in hotel; caricare il Defender di una quantità di materiali speciali doppi (pannolini, vasi da notte, buste di medicine pediatriche, latte in polvere d’emergenza, giochi, biberon…); fare di tutto per prevenire gli inconvenienti meccanici mediante un buon tagliando a non più e non meno di 1 mese dalla partenza e portandomi appresso alcuni ricambi basici; tenere in serbo soluzioni alternative in caso di difficoltà (recapiti telefonici e web, indirizzi, una quantità di piani logistici di riserva).
Faccio qualche piccolo esempio. Se arrivare 4 ore più tardi del previsto in una località prefissata viaggiando senza famiglia e bimbe piccole rappresenta per me solo un risibile inconveniente, la stessa cosa sarebbe stata sicura fonte di ansie e di tensioni avendo in macchina bimbe piccole e mamme apprensive. Le bimbe, come noto, hanno tempi di recupero più lunghi degli adulti; sedute in macchina 10 ore di fila non reggono; percepiscono la tensione dei genitori. Ancora…Se un po’ di “scacazza” a 50 gradi all’ombra è, per me, una cosa normale e gestibile semplicemente bevendo molto e portandomi appresso Imodium, Bimixin, carta e igienica di lusso e …pala…, la cosa è un po’ diversa se colpisce una “ciccina” alla quale la febbre sale subito a 39 e 8, la fa piangere in continuazione, magari le arreca acuto mal di pancia e vomito.
Aggiungo inoltre… Se, per un caso disgraziato, mi capita di tranciare un copertone su una stradaccia oppure spacco un semiasse … e mi trovo con un amico, al limite anche solo o con mia moglie…non mi faccio troppi crucci. In simili casi, mi preoccupo di più se mi trovo in Europa o in Italia di quando giro per l’Africa o il Medio Oriente. Da queste parti è praticamente impossibile che qualcuno non corra in soccorso dello straniero in difficoltà. Ne fanno una questione imperativa. Il limite dei soccorritori è se mai nella carenza dei pezzi di ricambio, non certo nella buona volontà e nella generosità creativa.
Ebbene, questa volta – mi dicevo prima di partire – sarà diverso… “Curare” un cerchio o una barra panhard stortata è una cosa assai meno problematica su una strada gialla siriana che su una rossa italiana. Ben più difficile tuttavia sarà lenire l’apprensione e la paura delle persone adulte e quella delle bimbe. Semplicemente non deve succedere. E se succede bisogna essere preparati a risolvere prima l’intoppo psicologico che quello meccanico.
Faccio un ultimo esempio…Non avere esperienza di viaggi – come nel caso dei buoni Renato e Lina – può indurre spiacevoli inconvenienti: smarrire un documento essenziale, fare calcoli errati con i denari locali, fare una foto in un posto interdetto, mangiare/bere la cosa sbagliata, turbare inconsapevolmente i costumi degli autoctoni (musulmani tra l’altro impegnati nel ramadan). Non deve succedere – mi ripetevo – e, se succede, occorre che io sia preparato a rimediare col "turafalle".
Malgrado tutto, settimane e mesi prima della partenza, ho fermamente creduto che il nostro viaggio si potesse tranquillamente fare. E che l’esperienza sarebbe stata di incoraggiamento per il futuro; sarebbe servita ai bimbi e a gli adulti a dilatare i loro orizzonti di giudizio e a infondere fiducia sulle loro possibilità future in viaggio e nella vita di tutti i giorni.
Tornando ai radi passeggeri della Visemar- one del 12 agosto, tra gli altri “turisti”, salta agli occhi una famiglia tedesca (lui, lei, ragazzino biondo e ragazzina di colore indiscutibilmente adottata) con un camion 4X4 diretto a Alessandria con destinazione Città del Capo.

Ci sono poi un paio di Discovery td5 che si fermano con lo sguardo sul mio 110 e scherzano a denti stretti sull’eventualità di recuperi nel deserto. Conto infine diversi motociclisti con KTM “Adventure” e BMW GS; mi gusto due svizzeri con un altro camion e a un sacco di arabi con le loro macchine caricate all’inverosimile di passeggeri e di valige.
Al mattino del D-DAY mi sveglio presto. Infilo la chiave nel Defender, metto in moto e, sfrerragliando come un cingolato, percorro di freno motore la ripida discesa dal ponte e la passerella finale entrambe munite di un grip tanto alto che neppure una bottiglia d’acqua rotolerebbe facilmente a valle.
La figlia è al finestrino con il suo gatto-peluche; la moglie è con la cintura di sicurezza allacciata e la mano fredda.
Dopo il primo controllo dei passaporti e dei visti portato a termine a bordo della nave da due ordinati poliziotti, ci attende il girone dantesco di quella che chiamerò la “reception” di Tartus.
L’edificio brulica di gente. Il personale dedicato all’accoglienza dei turisti è numeroso. Si capisce che si passerà da uno sportello all’altro; si dovranno appannare una decina da vetri parlando in inglese e francese non meno che gesticolando e sorridendo a forza. Si capisce che poi ci si dovrà portare dinanzi a un lungo tavolo di legno vile sul quale appoggiano innumerevoli registri e fogli volanti. Il mobile sembra più quello di una sezione elettorale periferica che quello di una commissione d'esame di maturità. Dietro di esso siedono una dozzina di sudaticci delegati ministeriali rinfrancati da giganteschi ventilatori girevoli che smuovono non solo le carte ma anche le penne. Ogni tanto, si ode qualche schiaffo. Nulla di grave: si tenta solo di ridurre la popolazione di mosche che infesta l’aula.

DeadLander
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MessaggioInviato: 14/11/2010, 11:55
Da dove cominciare? Non si capisce. Qualche arabo parlante italiano offre suggerimenti. Silvia intanto veglia su Violetta che gioca come se fosse al parchetto sotto casa e corre da una parte all’altra dello stanzone vociante. Io comincio la “mia via crucis” imbracciando un faldone di carte comprensive di passaporti, visti, foglietti d’ingresso compilati sulla Visemar-one, patente internazionale, libretto di circolazione internazionale, fotocopie varie, fototessere…
Si comincia. Mi metto in fila. La fila è quella giusta, ma immobile. Ogni tanto si scompone e ricompone con facce nuove. Io, invece di avanzare, retrocedo vistosamente e poi avanzo di colpo di 4 posti ma non faccio in tempo a tergermi il sudore dalla fronte che indietreggio di uno…
Alla fine, mi vengono controllati i passaporti e i visti non senza una verifica della faccia di mia figlia che, essendo una bimba alta meno d’un metro, deve essere issata dinanzi al vetro del funzionario perché il tizio verifichi che le sue fattezze corrispondano a quelle ritratte in foto.
“Colore macchina?” – chiede.
“Bianco” – rispondo .
“Chassis?”
“Ecco qua”.
“Targa?”
“Prego”.
“Anno di fabbricazione?”
“Ecco qua: 2009”.
“Colore macchina?” – richiede
“Di nuovo? – mi dico. “Ri-bianco” – “Ri-rispondo con un tono della voce che mi scappa alto”.
E il Tizio…ancora:
“Anno di fabbricazione?”
“Chassis?”
“Targa?”
Ho l’impressione di avere a che fare con uno che, insieme, “ci fa e ci è”.
Si continua come in quel film di Troisi: “Chassis?”, “Colore?”, “Targa?”, “Moglie?” “Figlia”, “Lavoro?” “Destinazione?”…”Quanto tempo?” 3-4 volte le stesse domande e 3-4 le medesime risposte.
Lascio lo sportello e vado oltre. Una cosa è fatta. Povero illuso… che sono. Un tizio mi rilascia una serie di foglietti scritti in arabo: capisco subito che sono relativi alle varie oblazioni in denaro alle quali andrò incontro. Tasse gasolio per 2 settimane, bollo e assicurazione della macchina nonché tutta una ricca serie di altre devoluzioni…Mi porto al cambio e tiro fuori 300 euro. Dall’altra parte del vetro c’è un bancario consumato dall’esperienza: ha rinunciato da tempo a conferire con gli avventori. Si affida appena alla mimica facciale e gestuale. Prende i quattrini in dollari e in euro, poi mette mano al suo pc dei tempi di Napoleone III, apre un cassetto stracolmo di cartamoneta bisunta e acchiappa manciate di banconote, quindi le passa all’assistente parimenti “silente”. Questi con un gesto rodato che a fine carriera gli costerà certamente un’ernia del disco compie una flessione di 90 gradi col busto e li mette nella macchinetta conta-denaro che ha tra i piedi. Fatto ciò, ripassa i quattrini al bancario-mimo e costui li gira al turista di turno in ordinati mucchietti. Un mucchietto per ogni tassa e oblazione che sarà richiesta.
Procedo. Ci vorranno 3 ore. Il personale compila un’infinità di fogli. Io pago a destra e manca e i siriani rilasciano foglietti e cedole incomprensibili che i ventilatori ogni tanto mi mandano a zonzo per il tavolo…Uno sconosciuto mi raccoglie la patente internazionale sfilatasi dagli elastici e finita sotto il tacco di un egiziano…
Mosche, ventilatori, richieste di denaro extra. Loro chiedono dollari e io converto al volo e pago in pound. Storcono un po’ il muso ma poi accettano.
Rumore di ditate sui tasti delle calcolatrici annerite dallo sporco; schiaffi sulle braccia nel tentativo di ammazzare le mosche che bevono avidamente sudore.
Passo dal delegato numero 3 a quello numero 4, poi ritorno al numero 2, quindi vado al 6 poi al 4…
Esco dallo stanzone che mi gira la testa. Mi tocca ora la dogana.
Bimba e moglie in macchina, faccio 50 metri e mi fermo. Arrivano e mi intimano lo stop. Scendo dalla Land e sputo le ultime gocce di saliva che mi restano sotto la lingua sul Vin stampigliato sul longherone. Essi collazionano il libretto di circolazione e poi controllano l’interno del cassone. Sul tetto potrei anche portare un bazooka, ma non se ne curano. Chiedono qualcosa. E io, per non sbagliare, metto mano a tutto il mazzo di carte scritte in arabo che mi hanno rilasciato e mi faccio pescare il foglio giusto. Domande incomprensibili in lingua aliena… Non comprendo ma sorrido a forza. Gesticolano fra di loro, poi mi dicono di andare e io li accontento con sollievo. Frattanto scorgo altri turisti che stanno facendo la strada a ritroso: li hanno rimandati indietro… Manca loro qualche lasciapassare e li hanno rimessi nuovamente all’inferno burocratico…
Controlli finali all’uscita del porto: passaporti, documenti macchina, infine: “Wellcome in Syria”.


15 agosto.
Tartus - Crac des Chavalier
Lasciata Tartus che percorro a passo d’uomo misurando l’altissimo grado di pericolosità del traffico siriano e benedicendo di non aver montato i deflettori sui vetri della prima fila di sedili del Defender, mi immetto sull’autostrada che porta al castello crociato a ragione più celebre del Paese.
L’autostrada, vanto della Siria, non è che una E45 nostrana naturalmente senza guard-rail, senza linee di mezzeria, senza la minima traccia di illuminazione, costellata di buche, pezzi di pneumatici e budella di ovini e canidi morti. Il fondo, a tratti, è talmente usurato dal passaggio dei veicoli che si finisce per viaggiare obbligatoriamente in due canaline profonde diversi centimetri…tanto che una macchina sportiva toccherebbe sicuramente la scocca. L’esperienza non mi è nuova. Mi ritornano alla mente certe carreggiate della Turchia dell’Est e alcuni tratti delle strade del Nord-Africa: sulle corsie “d’emergenza” arrivano veicoli in contromano; i cambi di carreggiata si fanno a 90° tanto che i sorpassi vanno fatti con estrema prudenza col rischio del frontale con qualcuno che ha sbagliato strada…Tassativo è l’obbligo di viaggiare con la luce del sole. Ogni tanto qualcuno attraversa a piedi o in 5 su un motorino… o portando in braccio oggetti, pezzi di ricambio di veicoli, frutta, anche un pezzo di ghiaccio grande come un televisore.
Faccio un po’ di gasolio. Costa un terzo di euro ed è finalmente un piacere fare 9 km al litro.
Il Crac è magnifico. Ci arriviamo dopo qualche errore di direzione. L’impatto visivo è spettacolare. Immense torri, immenso fossato ancor oggi in parte allagato; straordinari contrasti di volte gotiche e di stile arabo nella cappella e nelle stanze di rappresentanza del castello.

Si gode una magnifica vista del maniero, ma scopriamo che i prezzi sono assai più alti del previsto.

La crisi mondiale, il peso delle sanzioni statunitensi, le difficoltà economiche del Paese hanno comportato un deciso rialzo del costo della vita. Il prezzo del gasolio, nel lasso di tempo di due anni (l’ultima edizione della Lonely – quella in nostro possesso – è del 2008), è salito da 9 a 20 pounds (da 15 a 33 cm di euro); gli alberghi da 20-25 dollari USA a 30-50… Mangiare in tre costa circa 700-800 pounds (600 p = 10 euro): ancora poco, nondimeno circa un terzo di più di due anni fa.
In camera facciamo i primi conti e le prime proiezioni delle spese. Intanto, domani, dobbiamo raggiungere Damasco e attendere l’arrivo dei nostri amici che giungono in aereo.
Cena a 700 metri. Il caldo si dissolve e fa quasi freddo.
Nel nostro ristorante all’aperto non c’è luce: metto mano alla mia lampada a paraffina che rende quasi caravaggeschi i nostri primi “mezzé” (antipasti caldi e freddi).

La sera del 15, risuona la chiamata alla preghiera. È molto più lunga del solito. Siamo in pieno Ramadan. La gente si congeda dal tempo sacro e si rinfranca dal lungo digiuno diurno.
Notte col ventilatore. Il bucato si asciuga in poche ore. Le lenzuola sono sudari.

DeadLander
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MessaggioInviato: 14/11/2010, 11:56
16 agosto
Si va a Damasco senza troppa fretta. Salgo sul tetto del Defender e cinghio tutto per bene. Anche i due borsoni di Renato e Lina che, ora, staranno per lasciare casa insieme a Oriana, l’amichetta per la pelle della mia Viola.
Se il traffico di Tunisi e di Istanbul fa impressione, Damasco fa orrore. Mi sposto costeggiando i marciapiede con i finestrini abbassati, la testa più fuori che dentro, a tratti non esito ad accendere le luci d’emergenza col braccio sinistro a penzoloni sulla portiera. Silvia fa lo stesso dall’altra parte. L’unica di noi tre che se la spassa è la nostra bambina che canta, mima i clacson impazziti, si toglie la cintura di sicurezza, vorrebbe aprire anche lei il finestrino all’altezza giusta e sporgersi…
Per cercare l’alloggio – ho scelto un alberghetto nei pressi della stazione Heijaz (il mai completato capolinea della linea ferrata che, nell’Ottocento, i Turchi avrebbero voluto fare pervenire sino alla Mecca e che l’esercito di Lawrence d’Arabia più volte assaltò) – faccio affidamento ai taxisti.

I taxi damasceni sono centinaia. Assai di più delle macchine private. Mi accosto e imploro loro indicazioni. I conducenti mi fanno gesti. Passo da uno all’altro. Pian piano arrivo nel gigantesco gorgo di Heijaz. A quel punto, cerco un angolino (si fa per dire) per parcheggiare la Land e scendo in cerca dell’Hotel Sultan.

Segnala il messaggioRispondi citandoil 06 set 2010 08:34

La sera del 15, risuona la chiamata alla preghiera. È molto più lunga del solito. Siamo in pieno Ramadan. La gente si congeda dal tempo sacro e si rinfranca dal lungo digiuno diurno.
Notte col ventilatore. Il bucato si asciuga in poche ore. Le lenzuola sono sudari.

16 agosto
Si va a Damasco senza troppa fretta. Salgo sul tetto del Defender e cinghio tutto per bene. Anche i due borsoni di Renato e Lina che, ora, staranno per lasciare casa insieme a Oriana, l’amichetta per la pelle della mia Viola.
Se il traffico di Tunisi e di Istanbul fa impressione, Damasco fa orrore. Mi sposto costeggiando i marciapiede con i finestrini abbassati, la testa più fuori che dentro, a tratti non esito ad accendere le luci d’emergenza col braccio sinistro a penzoloni sulla portiera. Silvia fa lo stesso dall’altra parte. L’unica di noi tre che se la spassa è la nostra bambina che canta, mima i clacson impazziti, si toglie la cintura di sicurezza, vorrebbe aprire anche lei il finestrino all’altezza giusta e sporgersi…
Per cercare l’alloggio – ho scelto un alberghetto nei pressi della stazione Heijaz (il mai completato capolinea della linea ferrata che, nell’Ottocento, i Turchi avrebbero voluto fare pervenire sino alla Mecca e che l’esercito di Lawrence d’Arabia più volte assaltò) – faccio affidamento ai taxisti.



I taxi damasceni sono centinaia. Assai di più delle macchine private. Mi accosto e imploro loro indicazioni. I conducenti mi fanno gesti. Passo da uno all’altro. Pian piano arrivo nel gigantesco gorgo di Heijaz. A quel punto, cerco un angolino (si fa per dire) per parcheggiare la Land e scendo in cerca dell’Hotel Sultan.


Un signore, il mio “angelo damasceno”, mi ci porta a piedi. Mi accompagna fin su. Poi, mi aiuta a trattare sul prezzo, ma c’è poco da fare. Sotto 44 $ non si scende. Torno da Silvia e Viola che hanno avuto un gelato a testa in dono da due negozianti. Poveracce. Fa un caldo micidiale. Lo sa bene anche il mio “angelo damesceno”. È un uomo anziano, distinto e poliglotta. È più madido di sudore di me per la lunga camminata facendo lo slalom tra le macchine e i passanti che trasportano di tutti dalla frutta ai mobili. Alle fine, arrivato alla Land, mi consento di offrigli dell’acqua da bere, ma egli ringraziando mi dice che non può… Osserva il Ramadan. L’angelo damasceno e il demonietto braccianese… Quest’ultimo ha saggiato la pasta del primo e ha avuto la sua lezione di integrità. A sera, si troverà a riflettere sulla carità e la moralità musulmana.
Magnifica cena in un ristorante allestito in una antica casa damascena. Finito il tempo sacro e penitenziale, i locali si ingozzano in misura impressionante: uno spettacolo pantagruelico. Si allestiscono banchetti fuori dalle botteghe e dei negozi. Si fuma a profusione il narghilè. I poveri raccolgono offerte di buon cibo. I ristoranti accolgono i locali + abbienti e i turisti (pochi) con ricchi menù di mezzé, carne e scenografici contorni. Nella notte risuona la voce di decine di muezzin. I tetti delle moschee si illuminano di verde. Le donne indossano vestiti decorati da orli e accessori appariscenti che comunque garantiscono sempre l’assoluta sobrietà delle figure e del loro abito.

DeadLander
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MessaggioInviato: 14/11/2010, 11:56
17 agosto.
Renato, Lina e Oriana sono arrivati al Sultan verso le 3 di notte. Atterrati all’aeroporto di Damasco, hanno preso un taxi e messo a dura prova le loro coronarie….
Le bimbe si ritrovavano a colazione. Si conoscono da quando avevano 6 mesi. Asilo nido insieme, ora anche la Siria insieme.

Al mattino, si va in giro per suq, moschee, scuole coraniche, palazzi storici facendo attenzione a non farsi investire dalle macchine e dai motorini. Attraversare la strada è un’impresa: nessuno si ferma. Neppure se vede un poveraccio che a 40 gradi all’ombra, con una bimba in braccio si gioca la vita per andare sull’altro lato della strada…
La Land è in un garage sotterraneo avventurosamente trovato a poche decine di metri dall’Hotel Sultan. Sono assai più contento del garage che dell’alberghetto che comunque non è male. A chi avesse in mente di andare a Damasco con un Defender consiglio vivamente l’accoppiata. E che stia tranquillo: l’altezza del garage sotterraneo è sufficiente. Il mio mezzo era alto ben oltre i due metri e mezzo con il portapacchi, le taniche e la Overland e ci è passato, pena qualche apprensione, ma ci è passato…
A pranzo mangiamo shawarma e le bambine pizza. A cena, dopo una bella dormita nelle prime ore del pomeriggio, andiamo a cena al Leila’s, un bel ristorante con terrazza proprio sotto il minareto della magnifica moschea Omayyade che domina il cuore della città vecchia. Nel miglior ristorante di Damasco mangiamo bene in 6 con una 25ina di euro.



18 agosto
Altro giro tra i monumenti di Damasco. Conosciamo meglio la città. Le bimbe sono ubriache di cazzeggio. Si tengono a stento…toccano tutto, irrompono nelle botteghe, si rincorrono l’una con l’altra, poi inciampano, si insozzano, si lavano, si risporcano…Ogni tanto leccano (si leccano!) vetrine, panche, stoffe… Al 2-3 avvertimento a brutto muso, volano gli scappellotti delle mamme ma, dopo 10 minuti, esse ricominciano incuranti… I passanti sorridono, ogni tanto le accarezzano. Qualcuno le bacia. I vicoli, per le due tipette associate, sono una sorta di lunapark e mi fa tenerezza pensare che i fori lasciati nel 1925 dalle pallottole degli aerei francesi sulla volta del suq omayyade di Damasco appaiano ai loro occhi poetici come delle “stelline” brillanti che vanno viste, riviste e poi ancora ammirate come un artefatto divino.

Gelato del celebre (per i siriani) Bakdash. Viola e Oriana lo ingurgitano come nulla fosse. In realtà è una “ciofeca” senza appello. In cuor mio spero di non dover fare ricorso alla farmacia completa che ho sistemato nel ventre del Defender… Per fortuna, non sarà così.

La sera si sta bene. Si passeggia, si gioca quasi a perdersi, si mastica frutta secca. Quando le bimbe non ce la fanno più,

i papà diventano cammelli bipedi e se le portano in groppa…

19 agosto
Mi sveglio presto, recupero il Defender e approfittando del fatto che prima delle 9.00-9.30 il traffico è ancora modesto (si fa per dire) piazzo la macchina sotto l’albergo e cinghio sul tetto i borsoni.
Controllo dei lubrificanti, pieno di gasolio, pieno d’acqua: 25 litri da bere imbottigliata, 30 litri d’acqua con amuchina, 10 litri d’acqua ancora braccianese per sciacquare mani facce e sederi di treenni….
Carico una quantità di frutta e di verdura che manco un furgone dei mercati generali…
Il tour operator ha finito e arrivano i suoi passeggeri freschi di colazione….
Si parte in direzione del deserto. La destinazione è Palmyra, che i locali chiamano Tadmur, un’oasi e al tempo stesso la città della regina Zenobia che sfidò Roma imperiale e la pagò cara. Ma dopotutto non così tanto: ebbe una “pensione d’anzianità” e trascorse la sua vecchiaia a Tivoli.
Uscire da Damasco è un’impresa. Mi aiutano i soliti tassisti. Uno mi guida per 25 km… Alla fine imbocco la strada. Quest’ultima in breve si fa piuttosto dissestata e richiede precauzioni particolari.
Soste varie. Una presso uno dei tanti Bagdad Café disseminati sulla strada.

Si arriva nel primo pomeriggio

A sera, ci si arrampica col Defender su per una collina dominata da un castello ottomano per vedere le rovine al tramonto.

20 agosto
Ci si alza relativamente tardi. Troppo. Il caldo è notevole. Saranno presto + di 45 gradi all’ombra. E’ dura passeggiare per il sito archeologico.
Ma è + dura per il solito incauto arabo appoggiatosi con il nudo avambraccio sul mandorlato nero sui wings neri di Biancaneve...
L'idiota ci va giù di peso e subito rimbanza un metro indietro ululando di dolore...
Godimento sadico: devo essere una reincarnazione di Vlad III Tepes (Impalatore), voivoda di Valacchia...

Il pomeriggio qualcuno dorme...
Io invece decido di sciogliere le briglie a Biancaneve e, arruolati Lina e Renato, faccio un bel giretto in fuoristrada.

In breve lasciamo l’oasi e andiamo verso Est cercando di lasciarci il feroce sole pomeridiano alle spalle.

...andiamo a zonzo per parecchie decine di km in direzione Bagdad... L'occhio è alle carte e alla bussola...Il gps...arnese per me insolito...e mal rifornito di softweare...non cattura neppure un satellite...

Lina e Renato, dopo i primimi minuti di silenzio attonito, prendono gusto allo sconnesso e ai miliardi di pietre scalciate dalle ridotte... Non vorrebbero più tornare... Il guaio è che se io insisto col piede sul gas... arrivo al confine iracheno... di qui distante appena qualche decina di km... Così, all'infittirsi dei posti di blocco e all'aumentare dei vetusti T62 siriani con compagnia di Uaz a pezzi... pensiamo bene di fare marcia indietro . Torniamo a a casa a tutta birra su strada asfaltata

Qualche scatto fatto al rischio di noie con l'esercito di Hassad...l'ex oftalmologo dei miei c...

DeadLander
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21 agosto
Partiamo in direzione Nord. In programma sono un magnifico castello con annesso caravanserraglio (Qal’at el Shaquj) e le rovine della città di Rasafa proprio in mezzo al forno del deserto siriano e infine l’arrivo sull’Eufrate. Faremo campeggio presso un ristorante segnalato dalla Lonely proprio sulle rive del lago Hassad e prossimo al Qal’at Jabar, un altro maniero arabo.
Al solito, mi sveglio presto e provvedo alle scorte e ai controllini di Biancaneve che per la verità consuma solo gasolio e l’acqua dei tergi.

Quanto a Biancaneve...la “bimbetta” td4, con i suoi 7-8 quintali di peso extra, avanza inesorabile. Sulle strade asfaltate, la tenda collocata in posizione avanzata non dà alcun problema: nessuna riduzione di velocità e nessuna turbolenza particolare anche a 120-130 km/h. In fuoristrada, sulle pietraie piane come pure sui saliscendi, sembra passeggiare. Io non la forzo, non le tiro le marce, non sto a smanettare col cambio. Sulla “sabbietta” che mi aspetta appena lascio l’asfalto, mi valgo del solo blocco del differenziale; sulle rapide salite e discese in fuori strada faccio appello alle ridotte e la macchina procede in soave allegria come una signorina in giro per negozi.

Arriviamo al El Sharquj percorrendo diverse decine di km su asfalto e piste pietrose piuttosto vistose. Intorno a noi, regna il silenzio. Fa piacere ogni tanto attraversare qualche villaggio.

Intorno fa sicuro 50 gradi all'ombra...

...Ma si esce dalla macchina e qualcuno dorme ancora complici gli ultimi influssi dell'aria condizionata dal Bidonford...
Qualcuno fuma...
Qualcuno beve 1,5 litri d'acqua di filata...

El Sharquj - castello e caravanserraglio - è un luogo deserto in mezzo al deserto.

...Rasafa, un tempo bizantina, sede di importanti templi cristiani maciullati anzitutto dai mongoli è un “pozzo del tempo”; ha il fascino sinistro di uno scheletro culturale.
A mezzogiorno, il sole è una belva assetata di carne umana...

Alla fine del giro archeologico..., conto la truppa e la porto al riparo sotto un capanno. Le due "bassotte", si meritano un encomio solenne.

A sera, dopo aver superato un posto di blocco particolarmente rognoso, siamo al Qal’at Jabar sull’Eufrate.
Si aprone le tende, si fa il campo e il bivacco

Proprio quando tutto sembra andare per il meglio è ci si sta tutti rilassando dopo la terribile canicola provata nel deserto, succede un imprevisto … Provvedo ad accendere i fornelli per preparare le pappe alle bambine e un té per noi. Uno dei due fornelli si accende subito e marcia tranquillo. L’altro invece si scarica in pochi secondi e io provvedo a ricaricarlo. Non corso dell’operazione quest’ultimo perde un filo di gas che arriva in un istante alla fiamma del primo fornello acceso. A tal punto s’innesca un principio d’incendio sotto il capanno di canne che abbiamo destinato alla cucina al riparo dal vento. La fiammata è alta e m’investe le braccia e il mento. Dietro di me ho la macchina e non ho alcuno spazio di movimento; così getto il fornello in terra prima che la fiamma attacchi i borsoni, le buste, i vestiti, i materiali facilmente combustibili che si trovano sul tavolo… Il fuoco mi cancella i peli del naso, quelli delle braccia e mi scotta leggermente gli avambracci e una mano. Sacrifico la cappottina della Overland e comincio a soffocarlo per bene prima che arrivi alle canne, poi giungono gli arabi con una pompa ed in breve è tutto finito ancor prima di mettere mano all’estintore che mi sono portato dietro… Le bimbe piangono e le mamme hanno preso un bello spavento che le ha fatte sudare freddo. Io invece sono in acqua a 5 metri dalla riva e la mia pelle non riesce a provare alcun freddo. Più che altro è la mucosa della narice sinistra che mi dà parecchia noia. Le scottature alle mani e alle braccia sono cosa da nulla: un po’ di crema dedicata a casi simili e tutto si lenisce. Il naso invece no. In breve, mi trovo a respirare con metà della mia proboscide … Mai più porterò con me due cucinette da campo. Un solo fornello, magari a due fuochi – è il mio giuramento. In 30 anni di campeggi non m’era mai successo, ma una volta sola più essere sufficiente.
La cappottina in pvc s’è un po’ danneggiata ma quando era ancora calda ho fatto in tempo a stirarla e, adoperando il coltello, a scollare i lembi leggermente aderiti.
A sera, a ristorante, si stempera tutta la tensione: le bimbe non fanno che raccontare l’accaduto e mimare Gen che si brucia i peli della barba e si fa un tuffo nel lago.
La notte la passo nella Overland. Non era previsto. Mi aspettava la tenda a terra in condivisione con Renato, ma Oriana è abituata a dormire col suo papà, ergo papà a terrà con moglie e figlia e io con le mie donne a 2,5 metri d’altezza. Mi dispiace, ma tant’è.
Sembra tutto ok, ma la notte è lunga. Verso mezzanotte si alza un vento furioso e i tre a terra, neofiti totali di campeggio, sono insonni…. Così scendo dal mio rifugio di Qui-Quo-Qua e faccio ricorso ad alcuni dei tanti macigni disseminati sul greto del fiume-lago artificiale per ancorare la Ferrino che non è stato possibile picchettare a dovere vista la natura durissima del fondo. A questo punto, me ne torno in tenda, ma non è ancora finita: alle prime ore del giorno, un branco di cani randagi si disputano qualche osso di pollo o di montone… Se le danno di santa ragione e i miei tre amici accampati a terra quasi se la fanno praticamente addosso dalla strizza… Maglite in mano riscendo la Overland e comincio a mitragliare di sassi di vario calibro quelle povere bestie. Le manco tutte … ma faccio abbastanza rumore da metterle in fuga. La mattina dopo avremo modo di riderci sopra.

22 agosto
Giornata di totale relax sul lago. Il ristorante di Adbullah non serve cibi molto vari (al di à del pollo arrosto e del pesce alla brace, molta brace, non va), ma la roba è buona e l'uomo è simpatico anche a Viola e Oriana...

23 agosto
Partiamo in direzione Nord, alla volta del Qal’at Najim a meno di 20 km dalla Turchia.
Arrivati, troviamo il custode. Costui, semidisoccupato (arrivano sin qui non più di due mezzi al giorno durante l'estate), si cava di tasca la chiavona del castello e ci conduce al suo interno, tra quartier generale, moschea, caravanserraglio, cisterne, ricoveri di fortuna della truppa, alloggi a 5 stelle dei cammelli...

All'orizzone la mia cara Turchia orientale...


Al termine della visita, il nostro Virgilio islamico ci offre [sic] di mangiare qualcosa a casa sua....
Passiamo qualche ora a trangugiare mezze seduti sui tappeti e a fare conoscenza con la nutrita famiglia del “castellano”. I bambini giocano insieme. Compriamo qualche ricordino. Regaliamo qualche decina di penne e di evidenziatori. Poi togliamo il disturbo non senza aver profumatamente corrisposto alle inattese profumate richieste di denaro che il tipo e la sua mammona da ultimo ci porgono....

DeadLander
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23 agosto
Arriviamo ad Aleppo nel pomeriggio. La ricerca dell'hotel è il solito sbattimento nel traffico della città che conta più di 2 milioni di abitanti (la metà di Damasco) ed è divisa in due parti: quell'antica e quella moderna, quest'ultima, piuttosto scanzonata, quanto meno meno severa nei costumi e negli atteggiamenti della popolazione di quanto mi è parsa la capitale. Ove possibile, tiro il freno a mano, scendo, interpello qualcuno e questi con sempre grande generosità mi spiega come può la direzione per raggiungere la grande piazza dove si trova l'albergo da noi prescelto.
Trovato l'albergo e lasciati i passeggeri e i borsoni, trovo fortunosamente anche un garage sotterraneo per mettere a riposo la Land. Mi tocca fare un pezzetto contromano. L'esperienza è da brivido, ma me la cavo non senza un'ultima sudataccia.
Per raggiungere la città vecchia, i suoi suq immensi, la cittadella, la grande moschea dedicata a Zaccaria, le madrase, prendiamo un taxi. E' una soluzione economica e interessante.
Arriviamo a destinazione ed ecco Aleppo:

Le signore italiane (infedeli) sono invitate a indossare delle vesti sobrie e confacenti al luogo sacro. Le vesti per la verità sono molto + belle di quelle provate a Damasco.

24 agosto
Giornata dedicata a perdersi nei suq di Aleppo, a mangiare frutta secca, a togliere la briglia alle due bimbe, a fare un gigantesco bucato steso sul balcone dell’Hotel Tourism.
Stanotte ho dormito male: ho fatto un incubo. Visto che ho dovuto lasciare le chiave della Land ai parcheggiatori – cosa per me del tutto inedita – ho sognato che picchiavano un baffo del paraurti contro una colonna e quello, stortato, si ficcava come un apriscatole nel passaruota destro… Con un po’ d’ansia percorro la breve strada che mi separa del ricovero di Biancaneve. Chiedo se è tutto ok. Il Tizio mi vede e mi fa il saluto militare. Io, tirato un sospiro di sollievo, lo saluto mentre lui e i suoi compari si intrattengono davanti all’adesivo arabo che ho appiccicato sulla macchina. <<E’ corretto>> – mi dicono. <<Come hai fatto? Conosci l’arabo?>>. <<No – rispondo. Gli amici…>>. E loro: «Si può vivere senza fratelli ma non senza amici!>>. Ehheh. <<Just so!>>. Me ne vado non prima di averli avvertiti: «Please, dont move the car!>>. <<Ok, sir>> è la replica.

25 agosto

Si parte per Hama ma il garage apre con comodo... Aspetto dalle 7,30 alle 10... mentre le bimbe giocano con i gatti nella hall dell'albergo... Qui la giornata comincia tardi...

Finalmente cinghio per bene le borse sul portapacchi e usciamo da Aleppo...
Sulla strada ci fermiamo a vedere gli scavi di Ebla, dallo scrigno della quale, negli anni Settanta del secolo scorso, emerse un'intero archivio di tavolette sumere... Non posso fare a meno di provare ad immaginare l'emozione degli archeologi scopritori di quell'immenso giacimento di dati... Archeologi in genere gratificati da molto meno ma, in quell'occasione, dopo decenni di studi, baciati in fronte dalla fortuna. Una cosa che può stroncare il cuore di un ricercatore... Una cosa, una cosa...da pazzi...da uscire fuori di testa...
Nel pomeriggio, ci mettiamo su strada...

...e giungiamo ad Hama, la cittadina oggi di mezzo milione di abitanti che, nel 1982, andò sggetta a un terribile bombardamento ritorsivo da parte di Hassad senior, sfuggito a un attentato alla sua persona. Risultato: da 10 a 25 mila morti tra la popolazione civile e il centro storico della città distrutto...
Hama ci servirà da base per qualche giro storico-archeologico nei dintorni.

Troviamo un alberghetto e ci sistemiamo. Io piazzo la macchina all'aperto, nel parcheggio domestico del quartier generale della polizia di Hama... Il posto - non troppo stranamente - è completamente vuoto, del tutto sdegnato dai locali. Due polizziotti con l'AK 47 vegliano su Biancaneve. Poveracci... rompono la monotonia guardandomi scaricare, controllare sotto il cofano, fascettare la targa anteriore che sto per perdermi...
A sera, scopriamo le <<norie>>, le gigantesche ruote che pescano l'acqua dell'Oronte e alimentano l'acquedotto che irriga le coltivazioni. Sono qui dal V secolo d. C. Quelle visibili - 16-17 in tutto - risalgono al XIII secolo e l'ultimo restauro che hanno goduto l'hanno portato a termine gli Ottomani...

DeadLander
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26 agosto
Colazione presto e facciamo una gita. In programma c'è Apamea, la città fondata da Seleuco e che raggiunse la sua maggior fioritura in età romana, e il Qal'at crociato noto come "Castello di Saladino", il quale, in 3 giorni, sfrattò i residui militi di Cristo che lo difendevano e ne fece uno dei suoi + superbi quartier generali...

Il cardo e il decumano di Apamea, così come le terme, il foro sono magnificamente coservati. Naturalmente, forse il 90% della città è ancora da scavare... Si organizzano, come al solito, turni di guardia alle due minorenni... A gruppi di due si gira fra le rovine sontuose.

Prima di ripartire, i due soldi di cacio denunciano un'urgenza corporale... La cosa strana è che l'urgenza è doppia... Dichiarata doppia a una sola voce! Cribbio e che succede? Come che sia, siamo ottimamente attrezzati...
In breve, comodamente sedute, le due iniziano a giocare a qualcosa che sembra lo "schiaffo del soldato"… Così, in non più di 3 secondi, interviene la forza pubblica (= le mamme) che, all'istante, provvede a liberare la scena dalle due buffoncelle menzognere… E poco ci manca che ci scappi anche qualche scappellotto sulle chiappe nude a chi vorrebbe usare il pitale come cappello...
Il divertito e spietato reporter ha documentato qualche fotogramma della scena...prima di morire dal ridere e quindi venir meno al suo dovere informativo...


Raggiungere il "castello di Salamino" si rivela un'impresa...Le carte non sono precise, i locali interpellati ne sanno pochino (perché siamo distanti), la strada è un bel casino... poi - finalmente individuata quella giusta - essa diventa un'ascesa al cielo che si sviluppa fra i boschi, a strapiombo sull'abisso...
...poi finalmente, attraverso i vetri luridi, scorgiamo qualcosa di inequivocabile...
...ancora una 30ina di curve a gomito che mi costano ciascuna almeno 2 manovre... Ancora 3-4 salitone micidiali che affronto con le ridotte... Ancora sassi...asfalto divelto... infine imbocco un canyon spettrale e...al temine di questo.......mi si para davanti agli occhi un manufatto umano incredibile

...I crociati scavarono a mano nella roccia questo imperioso sperone...questo dente alto quasi 30 metri... Servì loro come appoggio bipartito per il ponte levatoio del loro formidabile castello

Come già preventivato durante l'ascesa al "Salamino"...torneremo a "casa" di notte... La mia truppa è avvertita....<<Chi riesce dorma, chi non riesce non rompa...Io avrò bisogno della massima concentrazione e attenzione per portarvi a casa senza alcun inconveniente... Intesi?!>>.
La mia gente è visibilmente stanca... I ranghi sono un po' sfilacciati... Silvia mette mano alle mele e all'amuchina...Io mi faccio una doccetta volante sul cranio e mi siedo su un masso a fumarmi la pipa. Studio la carta, studio il lungo giro che intendo fare per raggiungere Hama evitando di affrontare con le tenebre tutta la medesima strada micidiale che ho percorso all'andata... Più rifletto e più vedo che chi mi sta attorno trepida e sospira... Mi si affaccia alla mente una soluzione alternativa: aprire la Overland e la Ferrino dinanzi al primo ristorante del primo villaggetto che troverò sulla strada e poi, al mattino seguente, tornare a Hama... In breve accantono la "pensata". Mi dico: <<Sono troppo stanchi, hanno bisogno di dormire in un letto>>. Le bimbe poi hanno bisogno di una doccia calda (chissà le urla!) e di vestiti puliti... Sono in "riserva avanzata": lo si capisce perché giocano poco, vogliono le braccia dei genitori, fanno capricci da sonno. E le mamme - si sa come son fatte - stanno imboccando il vestibolo di pensieri ansiogeni... Così la taglio corta: <<Bene! Signori miei si va per di qua; sarà una passeggiata di 200 km a 50 km all'ora, ma vedrete che viaggeremo sicuri>>. Silvia mi aiuta a fare qualche "sconto" importante al percorso. <<Ancora meglio!>>. <<State tranquilli: torniamo a casa!>>. <<Volete mangiare da qualche parte e poi riprendiamo il viaggio?>>. Tutti preferiscono rivedere al più presto Hama! Così: <<Che Hama sia!>>.

Sul portapacchi, a Palmyra, quando non avevo niente da fare (si fa per dire), ho pensato bene di caricarmi quasi 40 litri di nafta extra... Alle brutte, mi dico, mi fermo e faccio il pieno con la torcia frontale e il mio fido brandeggiabile sul tetto. Acqua di tutti i tipi ne ho a profusione. Ho pure qualche altro genere di conforto...però appena posso - mi dico ancora - <<vedo di fermarmi e regalo a ciascuna delle due piccolette un gelato da urlo>> ...
Sarà così: percorsa ancora con gli ultimi raggi di sole e le ridotte inserite la parte più aspra del tragitto...arrivo in un villaggio servito da una sorta di vero e proprio supermarket in miniatura... Gelati, acqua, dolcetti e altri tonici per mamme e pargolette... In breve arrivano in 15 a offrirmi consigli sulle strade, a commentare la mia scritta araba sul Defender, a chiedermi come mai vada a Hama... Ad <<Hama, non c'è niente>>. <<Hama è pericolosa>>. <<Ad Hama stai vicino alla polizia, ma non ti dimenticare di dare loro una mancia>>. <<Una mancia bassa...ahahahahah>> Della serie: "per comprarsi un poliziotto, bastano 100 pounds, meno di 2 euro" ahahahaha. <<Ciao Italiano>>. <<Francesco Totti!!!>>... Tutti intorno alla Land...un capannello di gente...che si disputa l'un l'altro il miglior consiglio sulla "gialla"o la rossa" del caso, la montagna, la pianura... e non so cos'altro ancora...Quasi si mettono le mani addosso l'uno con l'altro per guadagnarsi il titolo di miglior consigliere di questo gruppetto di europei diretto a "casa".

...a 50 all'ora è dura...ma 50 all'ora si deve....Raggiungiamo la costa (Laodicea), poi tiriamo verso sud, quindi muoviamo verso Est attraversando delledesolate montagne in direzione Hama... La temperatura è ottima... Viaggio col finestrino abbassato... In mezzo alla strada incontro poche macchine, ma le poche che ci sono in giro hanno gli anabaglianti che, seppure funzionano entrambi, sono regolati ad "ammazza qualcuno"... Ogni tanto taglio qualche curvetta e sento i sassi che picchiano sui longheroni...Ogni tanto entro in un paesotto spoglio di gente... Per la prima volta sono a corto di interlocutori quando cerco lumi (è il caso di dire "lumi") sulla strada giusta....Ogni tanto sbaglio di qualche km la direzione giusta... Non esistono linee di mezzeria, pochi segnali... Ogni tanto ...abbaglianti del Defender ad altezza massima...vedo qualcosa che assomiglia a un umano in motorino senza luci di posizione a 400 metri di distanza in rotta di collisione con il mio paraurti... Rallento...e vedo che mi sbagliavo...Non è un umano ...Sono in 4, a volte in 5, sul motorino senza luci...
Silvia ha la carta sulle gambe e la lampada leggi-mappe accesa. Io talvolta irrompo grevemente a 10 metri di distanza da una tavolata di parenti che, sotto una tettoia, consuma allegramente la sua cena dopo una giornata di Ramadan... Talvolta mi sbraccio dal finestrino e quelli si spingono a vicenda per venire per primi a conferire con me e a mettere alla prova il loro inglese...
Ogni tanto qualche deficiente da fucilazione mi sorpassa a tutta velocità clacsonando...A volte sono camion "rubati" a qualche sfascio...a volte mezzi militari a tutta velocità...
Io e Biancaneve... Intorno e dentro la macchina il silenzio è rotto solo dalle indicazioni della mia navigatrice. Nella seconda fila del Defender... le bimbe hanno finito da un pezzo di cantare a squarciagola...Una dorme che sembra morta...l'altra dopo qualche mio strillo...ha capito che deve stare traquilla... Allora mi mette la sua manina sul braccio che appoggio sul cubby...a pochi cm da lei... Sembra dire: <<Fai bene, fai con calma, ma portami a dormire>>.
Finalmente: le prime luci di Hama. Ci siamo. Ma la piazza con l'orologio? Dove c...o è quella piazza... Gira e rigira...alla fine la trovo e parcheggio... E' fatta. Cena improvvisata a shawarma + gelato "da cardiopalma" per Viola che pure se lo mangia come fosse una creatura dal gelataio del Paradiso...Poi tutti a ninna.

DeadLander
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27 agosto
Giro di Hama. Ciondoliamo di qua e di là. Riposo. Norie.

28 agosto
Lasciamo Hama e prendiamo la strada per il Crak des Chevaliers. Lungo la strada: il bel castello di Mysiaf
Stavolta, al Crak, io apro la tenda. Gli amici vanno in albergo.


29 agosto.
Si va a Tartus. Purtroppo è finita. Non resta che fare scorta di gasolio e di viveri da consumare in nave.
All'arrivo alla "reception di Tartus", già misurata all'andata, nuovi "sbattimenti" per l'uscita dal Paese. Altri balzelli, altri controlli... che durano ore.
Ci imbarchiamo nel primo pomeriggio. Di nuovo: ottimo parcheggio sul ponte, ottima cabina. Si passerà il tempo a dormire, ad assaporare la malinconia della fine del nostro viaggio; a contare i tramonti e le albe di questo lungo tempo sospeso (3 gg e +) tra la vita in Italia che ci aspetta e la vita di viaggio dalla quale ci congediamo.
Ma ecco, come al solito, entrare in circolazione il miglior tonico possibile: il pensiero del prossimo viaggio. La lunga sosta a Alessandria lo infonde. Le parole dei reduci dalla Terra dei Faraoni ne incrementano la dose.

DeadLander
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DeadLander
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